Chi ha paura del vaccino

I vaccini salvano ogni anno milioni di vite in tutto il mondo. Eppure sono sempre di più i genitori che si rifiutano di immunizzare i figli a  causa di informazioni  poco chiare, della mancanza di trasparenza e di paure spesso infondate

 di Andrew Jack, Financial Times, Gran Bretagna

  Nel gennaio del 2010, in una stanza affollata nel centro di Londra, ho fatto a gomitate con altri giornalisti per mettere le mani su una copia del verdetto più atteso e più costoso mai emesso dal General medical council (Gmc), l’ordine dei medici britannici. L’oggetto dell’indagine era Andrew Wakefield, il famoso medico inglese che nel 1998 aveva ipotizzato l’esistenza di un legame tra l’autismo e ’Mpr, il vaccino combinato contro morbillo, parotite e rosolia. La sentenza è stata di condanna. Wakefield aveva screditato l professione violandone i principi etici per motivi d’interesse privato. Il saggio incriminato – inizialmente pubblicato da The Lancet, e in seguito
sconfessato dalla stessa rivista – conteneva dati manipolati che nel gennaio di quest’anno sono stati definiti “fraudolenti” dal British Medical Journal.
  Ma per le decine di genitori radunati sul marciapiede davanti alla sede del Gmc, la sentenza è stata irrilevante. Ai loro occhi Wakefield era un eroe incompreso, vittima di un establishment medico-scientico incapace di offrire conforto ai genitori dei bambini autistici. Wakefield, invece, aveva offerto comprensione, speranza e una possibile spiegazione alle loro sofferenze.
  Queste tensioni hanno ulteriormente alimentato il sempre più agguerrito dibattito internazionale sull’uso dei vaccini (da quelli contro la nuova influenza A a quelli contro il papilloma virus, tra le cause del cancro alla cervice uterina), scoppiato dopo la pubblicazione, negli ultimi tempi, di quattro libri molto diversi tra loro. L’esperto di malattie infettive Paul Offit, autore di Deadly choices (Scelte mortali), e Seth Mnookin, giornalista e autore di The panic virus: a true story of medicine, science, and fear (Il virus del panico: la storia vera della medicina, della scienza e della paura), offrono entrambi un’ottima panoramica della nascita del movimento contro i vaccini negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Chasing polio in Pakistan (Combattere la polio in Pakistan), scritto dall’antropologa Svea Closser dopo la promessa fatta da Bill Gates nel 2010 di donare dieci miliardi di dollari per “il decennio dei vaccini”, si occupa delle difficoltà pratiche che presenta la lotta contro la poliomielite nei paesi in via di sviluppo. Il quarto libro, invece, Vaccine epidemic (L’epidemia dei vaccini), è una raccolta di articoli coordinata dal Center for personal rights, un’associazione statunitense che si batte per “il diritto alla scelta” in materia di vaccinazioni, e ore un punto di vista più inquietante e tendenzioso.
  Offit, che dirige il reparto malattie infettive del Children’s hospital di Filadelfia, è allo stesso tempo scienziato, medico, comunicatore e attivista. In Deadly choices racconta la storia dei vaccini ed elenca i vantaggi che offrono. Offit denuncia anche “la guerra silenziosa e mortale” tra chi rifiuta di vaccinare i  figli  (dal 1991 a oggi negli Stati Uniti il numero di questi genitori è raddoppiato) e i medici che, per tutta risposta, si rifiutano di ricevere i bambini non vaccinati in ambulatorio, per timore che trasmettano infezioni evitabili agli altri pazienti. “A farne le spese”, scrive Offit, “sono i bambini: lasciati senza difese, hanno di nuovo le malattie dei loro nonni”.

Rischi ed effetti collaterali

  La resistenza ai vaccini non è un fenomeno nuovo. Il parlamento britannico, racconta Offit, decise di rendere obbligatoria la vaccinazione antivaiolo solo mezzo secolo dopo che Edward Jenner, nel 1796, aveva cominciato a somministrare con successo il vaccino ai suoi pazienti. Ma, come per i vaccini successivi, anche in quel caso il metodo per combattere una malattia molto temuta divenne rapidamente vittima del suo successo. La scoperta del vaccino contro il vaiolo, un virus di origine bovina, mise fine a un flagello che aveva sfregiato e ucciso milioni di persone, ma la pericolosità di quella malattia presto sparì dalla memoria popolare. Nel frattempo, alcuni individui sani ebbero dei problemi causati dal vaccino. Altri cedettero a paure irrazionali, come quella di trasformarsi in una mucca. In Gran Bretagna nacque così un movimento contrario alle vaccinazioni, che organizzava manifestazioni, pubblicava opuscoli e arrivò a inscenare una finta impiccagione dell’effigie di Jenner. Molte di quelle argomentazioni, dalle false affermazioni sui danni causati dai vaccini alle accuse nei confronti dei medici, oggi sono ancora diffuse. Offit conosce bene i rischi della vaccinazione e mette in evidenza i tragici rischi di alcuni vaccini. Racconta, per esempio, dei ceppi di tubercolosi insufficientemente indeboliti del bacillo di Calmette-Guérin negli anni venti, dei casi di epatite dovuti al siero dei vaccini contro la febbre gialla negli anni quaranta e dei vaccini antipolio contaminati negli anni cinquanta. Errori che hanno causato infezioni e morti evitabili.
  Forse Offit avrebbe potuto soffermarsi di più sul problema degli effetti collaterali: per esempio sul caso del vaccino somministrato in tutta fretta nel 1976 per proteggere. contro una presunta epidemia di influenza suina e che invece finì per causare almeno 25 morti e centinaia di casi di sindrome di Guillain-Barré, o sull’ipotesi che un vaccino contro l’antrace somministrato ai soldati nel 1991 abbia innescato la cosiddetta sindrome della guerra del Golfo.
Pur elogiando chi ha costruttivamente analizzato questi problemi, insistendo perché venissero introdotti tutti i miglioramenti necessari, Offit attacca chi usa le preoccupazioni della gente per opporsi ai vaccini nel loro complesso. Ed è molto critico anche verso alcuni personaggi della tv, per esempio Oprah Winfrey e Larry King, che hanno dato voce a timori ingiustificati in nome dello spettacolo. Ma le sue critiche sono rivolte soprattutto ai medici favorevoli a posticipare una serie di vaccini per l’infanzia, contraddicendo così le indicazioni ufficiali che prescrivono immunizzazioni immediate per i bambini. Questo approccio lascia i neonati inutilmente esposti alle infezioni e allo stesso tempo permette di sfruttare la cosiddetta “immunità di gruppo”, legata alle vaccinazioni di massa che limitano la diffusione delle infezione anche tra i non vaccinati. Ma Offit punta il dito anche contro avvocati e presunti esperti che hanno vinto importanti cause sostenendo che le lesioni dei loro clienti erano dovute ai vaccini. Il Vaccine injury compensation program, che negli Stati Uniti gestisce la maggior parte di questi casi, è stato istituito nel 1986 anche per proteggere i produttori da un’escalation di cause che rischiava di travolgere l’intera industria dei vaccini. La sua autorità è stata confermata dalla corte suprema a febbraio. Il programma negli ultimi 25 anni ha risarcito 2.500 persone con due miliardi di dollari, ma il problema, sostiene Offit, è che spesso concede il bene - cioè del dubbio a chi chiede un risarcimento, invece di vagliare scientificamente le accuse lanciate ai vaccini. Le sue sentenze, tuttavia, sono considerate la prova del fatto che i vaccini producono danni gravi.
  Nel libro The panic virus, Mnookin si occupa degli stessi temi, compensando la minore competenza scientica rispetto a Offit con una maggiore capacità divulgativa. Racconta storie personali, con uno stile narrativo molto scorrevole, per descrivere l’ascesa dello scetticismo verso i vaccini. Descrive l’agonia dei genitori i cui bambini non vaccinati si sono ammalati o sono morti, ma non trascura la disperazione delle famiglie dei bambini autistici, alla perenne ricerca di spiegazioni sulle cause della malattia dei loro figli. Osservando il pianto di un bambino dopo la vaccinazione, e prendendo in considerazione l’aumento dei casi di autismo negli ultimi decenni, viene la tentazione di collegare i due eventi. Ma una correlazione non è una spiegazione. Mnookin sottolinea che spesso i primi segni dell’autismo emergono nella fase della crescita in cui i vaccini vengono somministrati. E fa anche notare che, analizzando le testimonianze, si notano diverse incongruenze nei racconti dei genitori, per esempio sintomi già presenti da tempo o emersi molto dopo le vaccinazioni. Mnookin, inoltre, mette in evidenza che tutte le parti in causa hanno interessi economici: sia i dottori e le case farmaceutiche sia gli avvocati e i periti. Oltre, ovviamente, ai fautori delle terapie alternative. Questa piccola industria offre ai bambini affetti da autismo, che si presume indotto dalle vaccinazioni, cure che non sono soggette ai controlli scientifici e alle continue verifiche richieste per i vaccini. Una di queste terapie prevede dolorose iniezioni di Lupron (un farmaco usato anche per la castrazione chimica dei responsabili di crimini sessuali) al costo di 70mila dollari l’anno. Mnookin critica anche l’atteggiamento solo apparentemente imparziale dei mezzi d’informazione, che attribuisce al declino del giornalismo scientifico, al successo di una tv più faziosa e meno indipendente e alla diffusa tendenza al sensazionalismo. Forse i frequenti premi giornalistici assegnati a inchieste sui vaccini che poi si dimostrano superficiali e imprecise andrebbero ritirati.
Il caso del Pakistan
  A tratti, tuttavia, sia Wakefield sia Mnookin si mostrano eccessivamente ossequiosi nei confronti degli scienziati e a volte si abbandonano ad attacchi non necessari contro chi critica i vaccini. Nessuno dei due esplora le varie sfumature del dibattito al di fuori degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Per esempio, l’uso dell’Mpr è molto meno discusso in Francia, dove invece le campagne di vaccinazione contro l’epatite B sono state annullate per timore di un collegamento con la sclerosi multipla. Anche un confronto sistematico tra il numero di vite salvate e le gravi malattie scongiurate grazie ai vaccini e il numero di gravi effetti collaterali legati ai vaccini sarebbe stato utile. Come pure una discussione più aperta su temi di stringente attualità: il vaccino contro il papilloma virus umano, per esempio, che protegge soprattutto le ragazze da un virus trasmesso sessualmente, dovrebbe essere somministrato anche ai ragazzi? Nessuno dei due autori, inoltre, si spinge fino a proporre una soluzione per affrontare la crescente sfiducia verso i vaccini. Ma queste missioni sono molto meno gravi rispetto a quelle di un altro libro pubblicato di recente. Vaccine epidemic si presenta come una raccolta equilibrata di saggi. Ma il suo sottotitolo (“Come l’avidità delle aziende, la parzialità della scienza e l’oppressione dello stato minacciano i nostri diritti umani, la nostra salute e i nostri figli”), i riferimenti al “negazionismo dei danni prodotti dai vaccini” e la decisione di contrapporre l’opzione prochoice (a favore della libertà di scelta) al “partito dei vaccini” lasciano facilmente capire quello che si sta per leggere. In tutto il libro l’espressione “io credo” ricorre troppo spesso, come i casi aneddotici. I saggi sono curati, tra gli altri, da avvocati, dietologi, guaritori e infermieri. L’argomentazione centrale è il primato dei diritti individuali. Giustissimo. Ma cosa succede quando questi diritti compromettono quelli degli altri?
    Nel libro c’è anche un capitolo scritto da Andrew Wakefield, oltre a un articolo in sua difesa a dato a un avvocato, che si limita a respingere, piuttosto che ad analizzare seriamente, le accuse mosse contro il medico e le sue teorie. Wakefield ha fatto bene a infliggere ai bambini dolorosi prelievi di midollo spinale, contro il divieto di altri medici, mentre svolgeva le sue indagini cliniche per il brevetto di un misterioso vaccino alternativo all’Mpr? La sua difesa viene presa alla lettera. E Wakefield è paragonato a Galileo, Andrej Sakharov e Nelson Mandela.
   In Chasing polio in Pakistan, Svea Closser cita ragioni molto diverse per la carenza di vaccinazioni nel paese asiatico. Descrive in modo colorito, anche se un po’ ripetitivo e astratto, la difficoltà di combattere la poliomielite – una malattia ormai quasi debellata in occidente – nei paesi in via di sviluppo. I principali ostacoli alla vaccinazione universale sono la povertà, la scarsa igiene e la mancanza di risorse.
  Closser osserva che le priorità degli altri paesi non sono condivise dal Pakistan, anche se nel paese la poliomielite è molto diffusa. “Per quanto tempo dobbiamo continuare?”, chiede un addetto al programma antipolio del Pakistan. “Fino a quando ci manderanno i soldi dall’estero”, risponde un altro. Trascinata dall’entusiasmo dei suoi compagni, Closser non vorrebbe abbandonare il programma per l’eradicazione della poliomielite, anche se cita persone che ricordano i numerosi fallimenti precedenti. E descrive casi di vaccinazione forzata contro il vaiolo nei paesi in via di sviluppo, spesso avvenuti sotto gli occhi del personale statunitense. La contropartita etica di quella prevaricazione è stato, nel 1980, l’unico successo mai registrato da un programma di eradicazione.
  Gli ostacoli alla sconfitta della polio non dovrebbero scoraggiare il tentativo di estendere il più possibile, e al più presto, i benefici dei vaccini esistenti ai paesi poveri, ovviamente con i necessari controlli scientifici e discutendo anche degli aspetti etici. Nel frattempo, in occidente una delle maggiori sfide rimane quella che Mnookin chiama “l’iperdemocratizzazione dei dati”. Sul web, infatti, le informazioni circolano liberamente e vengono interpretate “più secondo i capricci dell’intuizione che secondo le regole della cognizione”. Quello che oggi serve sono proprio persone come Mnookin e Offit, pronte a coinvolgere gli scettici in un dibattito che non finirà molto presto.

Da sapere
  L’agenzia svedese del farmaco (Mpa) ha stabilito che il vaccino Pandemrix, contro la nuova influenza A, aumenta il rischio di narcolessia. Secondo l’Mpa, i casi di questo disturbo neurologico tra gli under 20 sono in media 0,97 su centomila persone, cifra che tra i minori vaccinati con il Pandemrix sale a 4,06. Finora sono stati registrati un’ottantina di casi apparentemente legati al vaccino. “I medici”, scrive il Göteborgs Posten, “temono che aumenti la sfiducia verso i vaccini. E che i genitori rifiutino di immunizzare i figli contro malattie ritenute ormai debellate, come il morbillo”. A febbraio del 2011 anche le autorità sanitarie finlandesi hanno annunciato che probabilmente c’è un nesso tra la vaccinazione con il Pandemrix e l’aumento di nove volte del rischio di narcolessia registrato nel paese.

Internazionale n° 51, 892, 8 aprile 2011, pag. 49-50-51.

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