Come calmare le paure dei bambini sulla morte


di Federica Mormando

  Per comunicare bene qualcosa ad altri, soprattutto a bambini, dobbiamo averlachiara in noi stessi. Insieme all’informazione trasmettiamo inevitabilmente le emozioni che dentro di noi la circondano. Prendere atto della realtà della morte, che, nostra e degli altri, può arrivare a qualunque età, improvvisa o annunciata, e riuscire a far pace con lei è una delle imprese più dure. Impresa da compiere per poterla comunicare ai nostri bambini. I quali non ne vengono a conoscenza naturalmente, come quando la vita era più comunitaria ed esistenza e morte di persone e animali si avvicendavano sotto gli occhi di tutti.
  I bambini conoscono la morte dai media, dalle vicende dei loro amici e, in famiglia, dalla morte di un parente o di un animale a loro caro.
  Come spiegarlo? Non basta dire: quando si diventa vecchi vecchi… Perché muoiono anche i bambini. Allora si dice: la vita è come un libro che scriviamo, a un certo punto deve finire… Ci sono libri lunghi e libri brevi… E subito il bambino chiederà: allora muori anche tu? E io cosa faccio? La risposta più bella e piena d’amore che io abbia sentito è quella di una mamma: «Io credo che resterò viva finché tu sarai grande grande. Ma se non fosse così, tu te la caveresti lo stesso, e io ti voglio tanto bene che questo bene sarà
sempre dentro di te e non ti lascerà mai solo». È fondamentale che i bambini non abbiano il senso del nulla. A prescindere dalle convinzioni religiose, diciamo loro quello che vorremmo tutti: l’anima va in cielo. «Dove?». «Là, fra le stelle». La sera, molti bimbi indicano le stelle e dicono: «Là c’è la nonna?». E questo li consola. La separazione è tragica ma sopportabile.
  Il nulla, quello i bambini non devono pensarlo, non possono conciliarlo con il vivere che stanno imparando: devono sempre credere che in qualche parte dell’universo anche chi è morto c’è ancora.

Corriere della Sera, 17 marzo 2012, pag. 49

Nessun commento:

Posta un commento