Solo «parcheggi» per bimbi?


Corsi di sci troppo affollati

Mai più di cinque, dicono le regole
Spesso però si «sfora», trasformando i maestri nei baby sitter delle piste

di Monica Ricci Sargentini

  Pizza grande, pizza piccola, spaghetti. Non è un corso di cucina ma il linguaggio che oggi usano i maestri di sci per insegnare ai più piccoli. Ormai sono tantissimi i bambini che già a 3 o 4 anni mettono gli sci ai piedi per volontà dei genitori, desiderosi di fare qualche discesa con loro. E dal Trentino al Piemonte molte scuole si sono attrezzate offrendo baby park di tutti i tipi e lezioni collettive che, in alcuni casi, durano anche tutta la giornata. Ma il corso di gruppo è veramente la scelta migliore?

  Con l’avvicinarsi della primavera la stagione sciistica sta entrando nella fase discendente ed è tempo di bilanci. Chiunque sia andato in settimana bianca non può non aver notato le lunghe file di bambini al seguito del maestro, undici, a volte anche dodici per classe. E se per i più grandicelli il gruppone ha un senso perché insieme si divertono, come può un maestro da solo star dietro a dieci piccoletti che sugli sci non si reggono ancora in piedi? «Infatti non può» spiega Maurizio Bonelli, 50 anni, Presidente dell’Associazione Maestri Sci Italiani (Amsi) che vanta 12mila associati, quasi il 90% del totale nel Paese. «Dai quattro ai sette anni — spiega — la norma è di essere al massimo in cinque, non esistono gruppi più grandi a quell’età. Mentre dopo si può arrivare a 8 o 9 allievi. Oggi la stragrande maggioranza dei clienti delle scuole di sci sono bambini, quindi la nostra attenzione a questo segmento è molto forte tanto che stiamo mettendo a punto un testo tecnico specifico per l’insegnamento baby».

  La realtà, però, può essere diversa. A Corvara, per esempio, le collettive per i più piccoli prevedono gruppi che
arriva no anche a 12 persone. «Nel corso i bambini si divertono — dice il direttore della scuola Eriberto Pezzedi — e imparano ad arrangiarsi da soli, diventando più autonomi. Certo vorremmo limitare il numero di persone per maestro ma poi i costi salirebbero. E c’è da aggiungere che in alta stagione dobbiamo soddisfare le richieste di tutti». Eppure con le lezioni collettive le scuole guadagnano molto più che con le private. «Basta fare i conti — dice Roberto Giovannoni, 49 anni, maestro di sci nato e cresciuto a Madesimo in Val Chiavenna — se una lezione singola costa 50 euro all’ora, con le collettive si guadagna il doppio o di più. Secondo me il genitore quando iscrive il figlio deve pretendere di sapere quanti saranno nel gruppo. Direi che con quattro o cinque bambini si può già lavorare bene, altrimenti non è una lezione ma puro babysitting. E poi bisogna accertarsi che ci sia un campo scuola adeguato con tapis roulant, strutture gonfiabili e aree dedicate». Giovannoni, che a Madesimo ha aperto anche un bar sulle piste molto gettonato, l’Acquarela, non appartiene a una scuola ma esercita la libera professione insieme alle figlie e alla moglie, anche loro maestre. «Per insegnare ai bambini ci vuole una preparazione adeguata, chi è giovane è sicuramente più aggiornato sui programmi di insegnamento» è il suo consiglio.

  Negli ultimi anni, infatti, la metodica per i più piccoli ha subito una svolta. «Prima del 2010 — dice Giacomo Ganassin, 22 anni, maestro di sci e studente di giurisprudenza a Treviso — si pensava che l’apprendimento avvenisse attraverso l’emulazione. Oggi invece si divide l’insegnamento in tre fasi: dare un nome al movimento, far sì che il bambino lo immagini e che poi lo esegua. Per esempio lo spazzaneve è la pizza piccola, quando, invece, si vuole frenare in modo più deciso si dice pizza grande e poi spaghetti o patatine fritte per mettere gli sci dritti ed andare veloci». Giacomo, che è specializzato nell’insegnamento ai piccini, mette al primo posto la motivazione: «Devi riuscire a captare la loro attenzione, la regola principale è se mi diverto imparo. Io i gruppi li differenzierei per età. Fino a sei anni mai più di sei. Dopo invece si può aumentare».

  A San Martino di Castrozza, la splendida località sulle Dolomiti dove il panorama lascia senza fiato, hanno messo al primo posto le famiglie con il programma Family Fun. Se si alloggia in determinati alberghi i bambini vengono prelevati da un pulmino che li porta sulle piste e li consegna al maestro. Finita la lezione il piccolo può proseguire con altre attività o tornare in albergo. I corsi, poi, sono divisi per età: tra i quattro e i sei anni i gruppi sono piccoli, al massimo sei persone. «Le lezioni collettive — spiega Giacobbe Zortea, 39 anni, direttore della scuola sci di San Martino di Castrozza — sono di tre ore al giorno perché per i bambini la giornata intera è troppo, è meglio non farli stancare e farli procedere per gradi in modo che siano più sicuri. Un’altra regola fondamentale è la continuità: il maestro non deve cambiare. In questo modo loro si affezionano e imparano a fidarsi». Per i ragazzini più progrediti e d’età maggiore si sta sperimentando l’uso di Whisper, un auricolare che tiene il maestro in costante contatto con gli allievi: «In questo modo si progredisce più in fretta perché puoi correggere il movimento nel momento in cui la persona sta sciando».

  Infine la domanda clou: a che età è meglio iniziare? Dipende da bambino a bambino. L’importante è non avere fretta. A tre anni si può provare a prendere confidenza con gli sci. Dai quattro in poi ogni momento è buono.

Il presidente

«Dai quattro ai sette anni è necessario contenere le iscrizioni. Dopo, si può anche arrivare a 8/9 allievi»

Corriere della Sera, 16 marzo 2013, pag, 49

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