Non accadeva dal 1945: si
risparmia anche su omogeneizzati, latte artificiale, ciucci, creme e prodotti
per i bambini under 3 anni
di Giovanna Favro
Per la prima volta dal dopoguerra le mamme italiane cominciano a risparmiare anche sui prodotti per i bambini da 0 a 36 mesi, i cosiddetti Baby product: prodotti alimentari, per la nutrizione e per la pulizia del bambino.
È quanto emerge dal 1° Rapporto annuale sui
comportamenti d’acquisto nella maternità realizzato da Marketing Management,
Istituto di ricerche statistiche e sondaggi di opinione, effettuato sul Panel
MaterCom – 2000 mamme di tutta Italia con figli da 0 a 36 mesi o in stato
interessante - e presentato all’Università IULM di Milano.
Nel 2012 il valore del mercato dei Baby
product si è attestato intorno ai 2 miliardi di euro e le mamme italiane -
sottolinea la ricerca - hanno ridotto gli acquisti per i figli più piccoli del
4,3% rispetto al 2011, facendo registrare al settore, in genere meno elastico
rispetto alla crisi, un calo pari a 89,3 milioni di euro.
Ad incidere maggiormente sulla contrazione
dei consumi è il comparto alimentare (come latte artificiale, omogeneizzati,
biscotti, formaggini e yogurt fresco) per il 62% del valore totale, seguito dai
prodotti per la pulizia del bambino (come salviette detergenti, olio, prodotti
per il bagnetto, shampoo, latte detergente, etc.) per il 13% mentre il
risparmio sui prodotti per la nutrizione (succhietti, biberon, tettarelle,
sterilizzatori, frullatori, bavaglini,
etc.) risulta pari al 25% del valore
totale.
Tra i prodotti che hanno subito un maggiore
calo d’acquisto, il latte artificiale (23,7 milioni di euro in meno rispetto al
2011). Le mamme italiane lo percepiscono infatti come un prodotto facilmente
sostituibile con il latte materno o con il latte a lunga conservazione. Seguono
gli omogeneizzati, la cui flessione rispetto al 2011 è del 9,3% (pari a circa -
20 milioni di euro) e i biscotti il cui calo si attesta intorno al 9,3% pari a
11,5 milioni di euro in meno rispetto al 2011.
Nonostante le modalità di risparmio siano
diverse da prodotto a prodotto, è stato possibile individuare le più frequenti
strategie di risparmio: la riduzione dei consumi, l’incremento del ricorso agli
acquisti promozionali, il maggior utilizzo delle piccole marche, il ricorso
all’utilizzo dei prodotti per adulti anche per i più piccoli nonché
l’incremento dell’acquisto di Private Label.
La riduzione dei livelli di consumo è la
principale strategia di risparmio delle famiglie italiane. Sul valore
complessivo della contrazione dei Baby Product rispetto al 2011, ben 26,3
milioni di euro sono imputabili alla contrazione della quantità di prodotti acquistati.
L’atteggiamento prevalente si è orientato su due fronti: da un lato rinviare il
più possibile acquisti superflui (come la sostituzione del biberon o del
ciuccio) e dall’altro ridurre lo spreco, utilizzando la minor quantità di
prodotto possibile (ad es. utilizzo di un minor numero di salviette detergenti,
di prodotti per il bagnetto, di creme e oli, fino alla riduzione del numero di
cambi del pannolino.
Mediante la maggior ricerca di sconti e
offerte promozionali, le famiglie italiane hanno realizzato un risparmio di
23,6 milioni di euro rispetto al 2011, dei quali solo 7,3 milioni sono
imputabili al comparto alimentare mentre i restanti 16,3 provengono dai
comparti Pulizia e Nutrizione. Il contesto economico di crisi generalizzata e
l’esigenza di contenimento della spesa hanno inoltre favorito nel 2012 una
crescita delle piccole marche.
Confrontando i dati del 2011 con il 2012 si
osserva come i livelli di fedeltà al Brand si stiano riducendo e
contestualmente stia aumentando la capacità delle piccole marche di aggredire
il mercato. Attraverso esse le famiglie italiane hanno potuto risparmiare nel
2012 circa 8 milioni di euro rispetto all’anno precedente.
L’esigenza di
abbandonare i “Top Brand” a favore di marche più economiche risulta trasversale
al reddito familiare.
Nel 2012 i “prodotti adult” quelli dedicati
appunto agli adulti hanno rappresentato circa il 27% degli acquisti complessivi
relativi ai consumi dei bambini fra 0 e 36 mesi d’età, per un valore stimato di
circa 537,8 milioni di euro. Il fenomeno è in crescita rispetto al 2011
(+1,4%). Il peso è risultato significativamente più elevato nell’ambito del
comparto alimentare (30,2%, con il +1,5% rispetto al 2011) e mediamente più
contenuto nel caso dei prodotti no-food (20,1%).
La Stampa, 20 aprile 2013,
pag,
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